Mazzette per rifare le strade di Roma, Mirko Pellegrini esce dal carcere per un vizio procedurale

Esce dal carcere Mirko Pellegrini, l'imprenditore di 46 anni soprannominato Mister asfalto, accusato di corruzione e appalti truccati. A rendere nullo l'arresto avvenuto lo scorso maggio è un cavillo tecnico: il mancato interrogatorio preventivo all'accusato prima della custodia cautelare.
Un passaggio procedurale introdotto solo lo scorso anno, che ha fatto decadere le disposizioni cautelari nei confronti di Pellegrini e degli altri quattro imputati, ma non le accuse che gli erano state mosse.
Mister Asfalto rilasciato dopo l'arresto: restano le accuse di corruzione e appalti truccati
Dopo le prove collezionate dall'accusa, la giudice per le indagini preliminari di Roma, Flavia Costantini, aveva disposto come unica misura idonea per gli indagati la custodia cautelare in carcere poiché con altre misure come gli arresti domiciliari "non era, allo stato, prevedibile che gli indagati rispettino le prescrizioni imposte". Una disposizione che il Tribunale del Riesame ha ribaltato perché agli accusati è mancato in fase di arresto l'interrogatorio preventivo previsto per legge.
Le indagini della Procura di Roma avevano portato alla luce un sistema di corruzione che vedeva coinvolto Mirko Pellegrini e diversi funzionari del Comune di Roma corrotti dall'imprenditore che, tramite diverse società con prestanome, aveva ormai il monopolio del rifacimento stradale nella Capitale. L'inchiesta contestava a Pellegrini e altro quattro indagati, tra cui il fratello, i reati di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode nelle pubbliche forniture, corruzione, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio.
Asfalto scadente e mazzette ai dipendenti pubblici per i controlli di manutenzione
Nonostante Pellegrini e soci siano tornati a piede libero, le accuse nei loro confronti non sono decadute e le indagini proseguono per delineare nel dettaglio il sistema di corruzione.
In cima al sistema capeggiava Pellegrini che aveva ormai il controllo delle gare d'appalto e acquisiva gli incarichi anche con agenzie intestate con prestanome, sempre riconducibili a lui, on cui si accaparrava gli appalti. Una volta iniziati i lavori, i materiali utilizzati erano scadenti e non a norma per poter incassare il denaro "risparmiato". Anche i controlli da parte del Comune venivano concordati. Pellegrini aveva corrotto diversi funzionari pubblici non solo per concordare sottobanco i controlli, ma anche per accordarsi sul tratto di asfalto da prendere in esame.